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Il comune di Monteolimpino

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Il 18 agosto 1817, l'Imperiale Regio Governo (Austriaco, ndr) approvava il progetto di divisione dei Corpi Santi della Città di Como, con la costituzione di due Comuni: Monte Olimpino e Camerlata. La costituzione in Comune fa seguito alla crescita demografica di tutta la zona, già riconoscita nella Riforma della Città di Como e del Contado del 1756.

Il territorio comunale si estendeva da Como S.Giovanni fino al torrente Breggia ed includeva frazioni e casolari sparsi, che nel censimento del 1871 risultavano così enominati come riportato nella tabella a fianco.

Il Comune fu attivo fino al 1884, quando, su richiesta della Città di Como a cui il Comune tentò resistenza, il territorio venne reincorporato nel tessuto cittadino.

Una testimonianza mirabile della storia del Comune di Monte Olimpino è offerta dal testo "Il Comune di Monte Olimpino 1818-1884", di Primo Porta, Ed. Ass. Spindler - Cesare Nani, Como, 1986, che illustra tutta vicenda storica e offre importanti elementi sulla vita amministrativa di quel periodo. Apprendiamo così che il comune fu attivo su numerosi fronti, dando il via a molte opere pubbliche (dalla nuova strada per la Svizzera, alla Piazza degli Alpini, alla galleria ferroviaria, alla nuova chiesa, al cimitero) ma anche stimolando la nascita di numerose opere di assistenza, la diffusione della scolarizzazione, l'attenzione all'ordine pubblico.

Per i nostri scopi, appare interessante riportare un ampio stralcio del testo citato, riguardante gli aspetti della vita della comunità e relativi al 1885.

In quell'anno il Governo mandava a tutti i Comuni un questionario per l’inchiesta sulle condizioni igienico-sanitarie dei Comuni del Regno. Il documento è interessante perché richiedeva anche dati riguardanti le attività preminenti della popolazione, il clima e il numero degli abitanti. Anche Monte Olimpino, sebbene fosse legalmente soppresso perché aggregato a Como con decreto reale del 7 dicembre 1884, compilò il detto questionario di cui riportiamo alcune notizie che possono tuttora interessare.

Tutto il Comune è posto a ridosso di tre colline formanti ampie vallate. Altezza sul livello del mare metri 278 circa, calcolata relativamente a quella della città di Como di metri 198. La temperatura non presenta troppe repentine variazioni diurne. Le nebbie sono rarissime, frequenti le piogge in primavera ed in autunno, rare d’estate talché sovente la vegetazione ne soffre per siccità. I venti sono abbastanza regolari, nei tempi normali dominano quello di mezzogiorno comunemente chiamato Breva e quello del Nord detto Tivano; i più impetuosi in tempi anormali sono quelli di Levante-Mezzogiorno e Ponente-Tramontana, detto il primo Bergamasco sempre accompagnato da freddo e pioggia, l’altro del Tivano apportatore di bel tempo. La grandine colpisce quasi ogni anno alcuna parte del Comune con danni più o meno rilevanti. Nell’ultimo quinquennio non si ebbero grandinate tali da distruggere interamente i prodotti, se si eccettua nello scorso anno il raccolto dell’uva che marcì totalmente nei paraggi colpiti.

Il Comune è bagnato dal lago di Como e dal torrente Breggia che ne delimitano in parte il territorio. Il lago dista dalla casa comunale metri 2.000. Non può il lago causare inondazioni nel territorio del Comune per l’elevazione del medesimo anche nelle parti più basse sul livello delle acque. Le acque del torrente Breggia vengono adoperate per usi industriali e irrigazioni dei prati nei vicini Comuni di Maslianico, Piazza e Cernobbio, solo potendosi approfittare per irrigazione nel Comune di Monte Olimpino in caso di gran copia di acqua. Le acque potabili sono di buona qualità ma scarse nei mesi di siccità, dovendo, in casi eccezionali, servirsi in alcune frazioni dell’acqua del lago. L’acqua è per lo più attinta da sorgenti, in alcune frazioni si raccolgono le acque pluviali in cisterne. Nella frazione d’Interlegno si raccolgono le emanazioni di una sorgente in una cisterna alla quale è applicata una pompa, mentre vi sono pozzi nelle frazioni di Bignanico e di Monte. Le rimanenti fonti d’acqua sono di proprietà privata.

In quanto alle coltivazioni sono predominanti il bosco ed il ceduo castanile in rotazione di otto anni; lungo il Breggia vi sono boschi con piante di rovere d’alto fusto.

La bachicoltura rappresenta una delle principalissime rendite agrarie; tale industria viene praticata da pressoché tutte le famiglie coloniche: Senza essere di nocumento alla pubblica igiene, tale attività si dimostrò favorevole ad apportare migliorie alle abitazioni dei contadini, dovendo i locali destinati all’allevamento dei bachi essere spaziosi e ben ventilati.

Per quanto riguarda l’attività e le occupazioni degli abitanti il Comune rispondeva nel modo seguente:

L’agricoltura è predominante. Esiste una cartiera di non molta importanza, nella frazione Brogeda in vicinanza del confine svizzero. Lavorano 12 operai maschi, dei quali quattro inferiori agli anni 14 e numero quattordici femmine, delle quali cinque non raggiungono i 14 anni. Nel Comune esistono circa 78 telai per stoffe di seta, tenuti a domicilio, che lavorano per conto di industriali della città. Il trasporto dei carichi a spalla è affidato agli uomini. Tre uomini abitanti in una frazione in vicinanza del lago si danno, specialmente nell’estate, al "mestiere del remo".

Importanti sono i dati riguardanti il censimento del 31 dicembre 1881. La popolazione del Comune ammontava a 2.324 abitanti di cui: 1.224 maschi e 1.100 femmine. In confronto del precedente censimento (anno 1871) la popolazione è aumentata di 278 abitanti; aumento dovuto all’incremento naturale del Comune, non avendovi influito le immigrazioni.

Il questionario era assai dovizioso di domande e ad un certo punto richiedeva risposte sullo "stato fisico della popolazione".

Precisava il Comune: nella leva militare dell’anno 1880 furono visitati 14 giovani; neI 1881 n. 15; nel 1882 n. 19; nel 1883 n. 28 e nel 1884 n. 22. Nel 1884 vi erano 12 maschi e 6 femmine di età superiore ai 75 anni. Nell’ultimo ventennio non si ebbe alcun caso di cretinismo. I dementi furono quattro di cui due furono risanati. Nessun caso di epilessia, né di “rachitide” né di cecità. Esistevano invece due sordomuti. Vi erano però ben 32 maschi e 22 femmine affetti da gozzo.

Per i parti si precisava che in generale non si presentavano difficili, deducendosi la regolare conformazione del bacino delle femmine.

Alle domande riguardanti vie e abitazioni, il Comune rispondeva che le strade erano abbastanza larghe, con pendenza che variava dal 3 all’ 11 per cento. Erano mantenute a ghiaia con cunette laterali; nel centro abitato esisteva l’acciottolato. Non vi erano case con più di tre piani. Esisteva un solo lavatoio che non era sufficiente che per una piccola parte del Comune. Per le frazioni gli abitanti si servivano dei rigagnoli che le attraversavano o del vicino lago. Per i focolari si usava legna di castagno e di "robinia".

La preminente attività agricola si rileva alla voce bestiame e stalle. Esistevano 100 buoi, 325 vacche, 6 cavalli, 4 asini e circa 15 maiali, che vivevano tutti nelle stalle. (Durante il periodo invernale era costume passare le serate nelle stalle, le donne vi passavano anche parte della giornata). Per quanto riguarda l’alimentazione, il contadino generalmente mangiava un pasto quotidiano di polenta condita con latte ed uno di minestra con brodo condito con lardo o burro e contenente riso o pasta e verdura. L’operaio dell’industria generalmente prendeva un pasto di minestra e uno di legumi e patate. Scarsa era la frutta, specialmente a causa del "ladroneccio campestre, gran piaga delle nostre campagne a cui non si seppe mai porre rimedio ".

Proseguendo nelle risposte al questionario governativo si apprende che:

Malauguratamente sono assai poche le persone che possono far uso di carni fresche. Esiguo è pure il consumo di carni e pesce salati. La generalità degli abitanti beveva acqua; solo nei giorni di festa gli uomini bevevano vino all’osteria; scarsamente usata era la birra. Esistevano nel Comune due spacci di tabacco e quattro rivenditori di liquori, ma la popolazione non faceva abuso di tali bevande.

L’indagine si conclude con le malattie. Risultano fra le più frequenti le polmoniti, le pleuro-polmoniti, le tisi polmonari, i reumatismi articolari ed i vizi di cuore. Rarissimi sono i casi di tenia e la pellagra, che prima contava un discreto numero di casi, era scomparsa. Si ebbero nell’ultimo ventennio due epidemie di angina difterica, e tre invasioni di Cholera asiatico nel 1836, nel 1855 e nel 1867. Limitate, però, le vittime. Anche il bestiame aveva i suoi malanni, ma dalla relazione risulta che non ci furono grosse epidemie. Solo l’afta epizootica si sviluppò senza recare gravi danni, salvo la perdita di alcuni vitelli da latte. Nessun caso di carbonchio o di morva si verificò in quel tempo, né negli uomini, né negli animali, né, per quanto risulta, nessun caso si è verificato di idrofobia.

Non essendoci Ospedale in loco, i terrieri avevano diritto alla cura gratuita all’Ospedale di Como, per le malattie d’indole acuta.

 
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