Le stagioni del San Martino - Associazione Cardina

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Le stagioni del San Martino

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Cardina, martedì 9 marzo 2010

Testimonianze da un luogo di sofferenze senza tempo ed età, un luogo/non luogo, territorio senza confini.

Nel trentennale della legge Basaglia, questo volume documenta la storia della psichiatria a Como, dall’apertura del manicomio del San Martino, nel 1882,alla sua chiusura , fino ai giorni nostri.
Sono raccolte qui le immagini delle più significative cartelle cliniche dell’archivio storico, delle dimissioni degli ospiti e del loro trasferimento nelle nuove comunità aperte.

L’abilità fotografica di Gin Angri ha dato forma A un progetto poetico di Mauro Fogliaresi:
mostrare con occhio sensibile un’umanità sofferta, da secoli accantonata ai margini della città normale.

Cenni storici sul San Martino

Nel 1857 il sovraffollamento dell’istituto della Savanara di Milano,unico per tutto il Dominio Lombardo, determinò la necessità di provvedere alla definitiva sistemazione dei malati della provincia di Como.
La scelta della località d’ubicazione del nuovo manicomio e l’onere finanziario alimentarono un intenso dibattito.
L’Ufficio Tecnico provinciale propose un tratto di terreno presso Camerlata, compreso tra l’affluenza del fiume Aperto, la strada Canturina e quella comunale di Bernate; tale proposta non ebbe seguito, come del resto quella seguente che ne prevedeva la costruzione su terreno annesso all’Ospedale Sant’Anna.
Il 15 Agosto 1870 fu operata la scelta definitiva: l’area, di circa 300.000 mq, presentava come vantaggio l’altitudine la presenza di un corso d’acqua perenne, il facile accesso alla strada provinciale per Lecco, il suo quasi isolamento dai centri abitati, la vicinanza della città.
Il progetto fu approntato secondo la tipologia a padiglioni, già adottata nella recente realizzazione del Manicomio di Imola e rispondente alle più moderne concezioni della scienza psichiatrica.
“Tale istituto si prestava infatti sia all’assistenza che al ricovero e permetteva inoltre condizioni di vita simili a quelle riscontrabili in un piccolo villaggio, con possibilità di lavoro in piccoli opifici o in fattorie agricole, facenti parte esse stesse del complesso manicomiale.” (F:Gerosa, Malati e malattie nell’ospedale psichiatrico di Como. 1882-1892, Graficop, Como 1992)
Il manicomio era costituito dai nove fabbricati centrali tuttora esistenti. Di tali padiglioni, simmetricamente distribuiti, i tre laterali a destra erano adibiti alle sezione femminile , quelli a sinistra alla sezione maschile; di quelli centrali, nel primo trovavano posto gli uffici, le abitazioni del direttore e dell’economo e la biblioteca, nel secondo la cucina, nel terzo il guardaroba e la lavanderia; i padiglioni erano uniti tra loro per mezzo di portici e tettoie.
Il 28 giugno del 1882, iniziò il trasferimento dal Civico Ospedale di Como, poi della Senavra di Milano; il 31 dicembre dello stesso anno il numero dei ricoverati ammontava a 456 per poi triplicarsi nel corso del cinquantennio successivo.
L’aumento progressivo del numero dei malati e le nuove esigenze manicomiali resero necessarie modifiche ai padiglioni esistenti, la costruzione di nuovi padiglioni, l’istituzione di nuovi laboratori e di una colonia agricola.
Infatti, oltre alle cure mediche, psicoterapiche, idroterapiche, elettroterapiche, ecc. venne dato impulso nall’ergoterapia, ovvero al lavoro come metodologia terapeutica. Nel 1929 i lavoratori si distinguevano nell seguenti categorie: “cucinieri, addetti alla coniglicoltura,calzettaie, calzolai, cucitrici, carrettieri, dispensieri, fabbri, falegnami, addetti al guardaroba, imbianchini, lavandaie, manovali, muratori, materassai, meccanici, falciatori, ortolani, fornai, addette alla pollicoltura, sarti, scrivani, addetti alla suinicoltura, terrazzieri,
addetti alle mansioni interne dei reparti…” Le attività terapeutiche seguirono poi l’evoluzione della dottrina medica.
L’istituto continuò ad operare nel dopoguerra fino a quando nel 1978, a seguito della legge 180, cessò di esistere in quanto ospedale psichiatrico e si aggiunse agli altri presidi sanitari che costituivalo l’Unità Socio Sanitaria Locale di Como.
Alle soglie del duemila è avvenuta la dismissione degli ultimi degenti.

Luigi Fara
Associazione Luoghi Non Comun

Le frasi dei ‘matti’dal Laboratorio del Bosco delle Parole Dimenticate


“Un silenzio interrotto è come una parola maldetta”

“Sotto i raggi del sole come è bello il nostro manicomio”

“Il silenzio è la fine”

“Ma te lo ricordi il silenzio?”

“Dio esagera col silenzio
L’uomo con la parola”

“Vorrei sognare di contare le pecore per poter dormire”

“Non parlare, stai in silenzio che ti tocco i capelli”

“Ascolta… il silenzio”

“Il silenzio è un nodo al fazzoletto per ricordare le parole più belle.
In silenzio camminai per andare a caccia
In silenzio sto male ma non dico agli altri la mia sofferenza.
In silenzio ascolto i gabbiani
In silenzio dormo
In silenzio cammino tra le Langhe
In silenzio disegno i paesaggi
In silenzio cammino fra le strade
In silenzio sogno
In silenzio dormo e riposo
In silenzio ammiro il mare
In silenzio dormo e sogno cose bellissime
In silenzio pesco
A me piace camminare
Ammiro Gianni
Io cedo in Dio”

“Vivere in silenzio è ascoltare la voce del dolore”

“Anche se le nostre presenze non si incontrano che le nostre anime si possano unire al di là di tutto perché libere da ogni vincolo”

“Il silenzio è come Pisolo La parola è come Brontolo”

“Il silenzio è un parlare senza finzioni”

 
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